Mauro Boarelli presenta "Contro l'ideologia del merito" e Wolf Bukowski presenta "La buona educazione degli oppressi. Piccola storia del decoro"

Martedì 11 giugno alle 18,00 doppia presentazione

Mauro Boarelli
presenta
Contro l'ideologia del merito (edizioni Laterza)

Wolf Bukowski
presenta
La buona educazione degli oppressi. Piccola storia del decoro (edizioni Alegre)

Sono usciti da pochissimo due saggi uniti da un filo che li unisce: Contro l'ideologia del merito di Mauro Boarelli e La buona educazione degli oppressi, di Wolf Bukowski, hanno infatti il comune intento di leggere la realtà che ci circonda - quella italiana, e quella bolognese in particolare- e i cambiamenti sociali a cui stiamo assistendo.
Martedì l'occasione di sentire dialogare gli autori, in una presentazione incrociata che fornirà al pubblico lenti nuove con cui guardare ciò che ci sta intorno.

Il saggio di Mauro Boarelli, uscito per Laterza, parte dal concetto di merito. Cosa significa esattamente merito? Questa parola seducente mantiene ciò che promette? Oppure è una parola ambigua?
Il saggio affronta in modo organico il passaggio del merito da elemento morale (così come declinato ad esempio nella Costituzione italiana: vedi i famosi “capaci e meritevoli” dell’art. 34) a espressione apparentemente asettica del potere. Grattando la superficie, il merito mostra la sua vera natura: quella di una ideologia che sta trasformando la scuola, l’università, il sistema sanitario, la pubblica amministrazione, il mondo del lavoro nel nome della concorrenza e del mercato. In questo contesto, «le competenze giocano un ruolo determinante in questo processo di subordinazione alla visione del mondo economico, perchè spingono i sistemi educativi ad abbandonare la costruzione di saperi critici in favore dell'organizzazione di saperi strumentali».
Dietro al merito si nascondono questioni cruciali per comprendere il nostro tempo: Il concetto di cittadinanza è messo a rischio, e con esso il principio dell’uguaglianza sociale.

Mauro Boarelli
ha conseguito il dottorato di ricerca in Storia presso l’Istituto Universitario Europeo di Firenze. Vive e lavora a Bologna, dove si occupa di progettazione culturale presso un ente pubblico. Collabora con la rivista “Gli asini”. È autore di La fabbrica del passato. Autobiografie di militanti comunisti (1945-1956) (Feltrinelli 2007).

Wolf Bukowski, dopo due saggi dedicati al cibo e alla sua narrazione nella società ordierna, si è dedicato alla lettura dei cambiamenti sociali in corso nelle nostre città, e al modo in cui viene anche strumentalizzato, a prescindere dai dati reali.
È in corso da anni una guerra, combattuta tra le strade delle città, contro poveri, migranti, movimenti di protesta e marginalità sociali. Le sue armi sono decoro e sicurezza, categorie diventate centrali nella politica ma fatte della sostanza di cui son fatti i miti: Furio Jesi chiamava idee senza parole gli artifici retorici di questo tipo, con cui la cultura di destra vagheggia fantomatici «bei tempi andati» di una società armoniosa. Lo scopo è cancellare ogni riferimento di classe per delimitare un dentro e un fuori, in cui il conflitto non è tra sfruttati e sfruttatori ma tra noi e loro, gli esclusi, che nel neoliberismo competitivo da vittime diventano colpevoli: povero è chi non si è meritato la ricchezza. Il mendicante che chiede l’elemosina, il lavavetri ai semafori, il venditore ambulante, il rovistatore di cassonetti, dipinti come minacce al quieto vivere.

I dati smentiscono ogni affermazione ma non importa, la percezione conta più dei fatti: facendo appello a emozioni forti, come la paura, o semplificazioni estreme, come il «non ci sono i soldi» per le politiche sociali, lo scopo delle campagne securitarie diventa suscitare misure repressive per instillare paure e senso di minaccia. A essere perseguita non è la sicurezza sociale, di welfare e diritti, ma quella che dietro la sacra retorica del decoro assicura solo la difesa del privilegio. Sotto la maschera del bello vi è il ghigno della messa a reddito: garantire profitti e rendite tramite gentrificazione, turistificazione, cementificazione, foodificazione.

Wolf Bukowski ripercorre come l’adesione della sinistra a questi dogmi ha spalancato le porte all’egemonia della destra. Una perlustrazione dell’«abisso in cui, nel nome del decoro e di una versione pervertita della sicurezza, ci sono fioriere che contano come, e forse più, delle vite umane».
Perché sdraiarsi su una panchina sarebbe indecoroso e incivile? Perché una persona civilizzata non lo farebbe. E perché una persona civilizzata non lo farebbe? Perché è indecoroso e incivile. Tutte le apparenti spiegazioni si alimentano (e quindi si annullano) a vicenda, e il residuo che lasciano è solo la sagoma del noi che si arroga il diritto di scacciare loro, gli altri.

Wolf Bukowski

è guest blogger del sito dei Wu Ming, Giap, collabora con Internazionale ed è autore per Alegre di La danza delle mozzarelle (2015) e La santa crociata del porco (2017).




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